“Chi ama conoscere le migliori villeggiature e farsi adeguato concetto della ricchezza dei loro proprietari, essendo in Inverigo, non lascia di fare una scarrozzata a Cremnago, dove sorge il magnifico palazzo della famiglia Perego. Se gliene dato l’accesso, potrà il lettore ammirarlo nelle sue parti tutte; e se le ampie scuderie vedrà molti cavalli e taluni anche pensionati a riposo perpetuo, sorretti persino da cinghie, potrà cavare argomento del cuore del ricchissimo padrone, il quale del resto non restrinse alle bestie sole gli effetti della sua bontà, prima avendola addimostrata nel dotare i suoi coloni di belle e comode case….”
Così suggeriva il sig. Curti in una sua opera del 1872, ma a distanza di oltre un secolo, questi consigli potrebbero essere attualissimi anche per i moderni “viaggiatori”. Infatti, se oggi dovessi scrivere una guida turistica sulle dimore storiche e dispensare consigli sulle più belle ville della Brianza, non potrei che “copiare” questa descrizione, perfettamente calzante anche ai nostri giorni. A distanza di centoquarantotto anni dalla predetta pubblicazione, palazzo Perego è rimasto intatto, il suo fascino non è stato minimamente scalfito dal tempo…e sono arrivato persino a pensare che sia stata la Provvidenza a conservare questa meraviglia per dimostrare la sua stessa esistenza. Certo, oggi i cavalli non ci sono più, ma il palazzo, sempre di proprietà della famiglia Perego, è davvero mozzafiato, incredibile! Tanta magnificenza siamo soliti incontrarla in grandi musei o in prestigiosissime dimore statali, ma nessuno si aspetta di incontrare così tanto splendore in una casa privata di villeggiatura ad Inverigo, anzi, a Cremnago, sua storica frazione!
In effetti, sembra davvero strano che un paesino dell’alta Brianza comasca, certamente non annoverato tra le località turistiche nei moderni cataloghi, possa orgogliosamente ospitare vere e proprie opere d’arte architettoniche; sembra ancora più strano che potenti uomini del secolo scorso avessero scelto Inverigo come meta prediletta per la loro villeggiatura: eppure è proprio così. Questo paese, da sempre considerato la “perla della Brianza”, era uno dei territori più interessanti dove trascorrere momenti di relax nel verde e dove edificare splendide ville di delizia. E oggi, considerata l’alta concentrazione di dimore storiche nel comune, non è difficile identificarlo come “il paese delle ville in Brianza” ed è ancora più facile INDIVIDUARE tra le sue strade suggestivi percorsi, utili a riscoprire queste meraviglie nascoste. Ma sveliamo nel dettaglio il maestoso palazzo Perego.
Il modo più semplice per arrivare a palazzo è percorrere la strada provinciale Arosio-Canzo e, giunti nella parte alta di Inverigo, deviare alla volta del piccolo borgo di Cremnago. E’ impossibile sbagliare. La dimora dei Perego è un vero proprio “faro”, ben visibile anche dalla strada principale e, una volta identificata, sembra proprio che tutte le strade portino qui. Non si arriva subito in villa, bisogna prima passare da una piazzetta di paese, all’ombra del maestoso edificio nobiliare, per poi essere catapultati in un altro mondo: ecco una piccola chiesa , un paio di corti contadine, un lungo caseggiato degli storici fattori dei Perego. Un massiccio portale di ingresso conduce alle ampie cantine nei sotterranei della villa. Proseguendo lungo una stradina in salita, si arriva davanti all’antico cancello della dimora. Ci fermiamo stupiti: il maestoso palazzo appare in tutto il suo splendore.
Non c’è nessuna campana o campanello per avvisare i signori della mia presenza, del resto tutto è rimasto come un tempo, ma per fortuna il cellulare moderno ben rimedia alla mancanza. Per farmi entrare, mi vengono incontro i proprietari della villa e subito si intuisce la “conduzione familiare” della dimora: incontro Donna Laura Perego, una signora elegantissima e i due figli, Luigi e Lanfranco, pure loro persone distinte e raffinate. Vedere che a distanza di secoli, la stessa famiglia sia ancora proprietaria di questa meravigliosa opera d’arte é stupefacente. Forse è proprio questo il segreto della sua longevità!
Il palazzo venne edificato dal canonico Giovanni Perego nei primi decenni del Settecento, venne poi ceduto ai nipoti e, da allora, è giunto ai nostri giorni intatto. Pare proprio che qualcuno nel lontano XVIII secolo abbia chiuso il palazzo e che lo stesso, sia stato solo recentemente riaperto, conservando così puro tutto il suo antico fascino.
La porta d’ingresso è in legno e vetri, tipico infisso di una struttura precedente. Entriamo in uno spazio “ibrido” con un pavimento in pietra: non sembra un salotto, perché più spartano, ma nemmeno un giardino, perché è arredato con mobili d’interni. Probabilmente è uno spazio che venne concepito aperto, una sorta di portico d’ingresso, ma chiuso in tempi più recenti per essere trasformato in un’anacronistica “veranda”. Qui, ogni elemento è pensato per accogliere gli ospiti, presentare ai forestieri i proprietari e, perché no, stupirli già all’ingresso. Proprio sopra la nostra testa campeggia un lampadario gigante, con tante pere in ferro battuto appese ai bracci, proprio ad indicare il simbolo araldico della famiglia Perego, un albero di pere, da cui proviene l’etimologia del cognome; sulla parete sinistra, invece, fa sfoggio un grande medaglione in stucco con l’effige del grande architetto Piermarini, uno dei prestigiosi “architetti geniali” che collaborarono alla realizzazione del palazzo mentre, sulla destra, un maestoso scalone ricco di opere d’arte, a riprova della ricchezza della famiglia, ostenta la sua bellezza.
Inizio la visita del piano terra della villa, quello che, in riferimento alle mode dell’epoca, si può definire il “livello” degli incontri pubblici, delle feste e degli svaghi nobiliari. Entro nella prima stanza, la grande sala d’onore. Immediatamente intuisco che si tratta dello spazio più prestigioso di tutta la dimora. E’ un tripudio di volute, di porcellane, di fiori decorati, ma anche di lampadari di Murano e di meravigliosi oggetti di antiquariato, tra cui un antico pianoforte. Nello specifico, mi trovo nella “sala della musica” e, considerata la dimensione e la bellezza, probabilmente è stata pensata come una delle stanze più importanti per il canonico Giovanni.
Quest’ultimo l’ha voluta altissima di soffitto, luminosa, in posizione centrale rispetto a tutti gli altri locali e prevalentemente di colore rosa, tipico delle decorazioni settecentesche del barocchetto lombardo. Il fondatore della villa era un uomo assai colto, un profondo umanista e mi piace pensare che i suoi ricevimenti in villa fossero accompagnati da spettacoli culturali e da momenti musicali, per i quali la stanza era fondamentale. Successivamente, passo nella sala del biliardo – immancabile nelle dimore storiche italiane – dove il grande tavolo da gioco, il bassissimo lampadario d’epoca e il grande segnapunti settecentesco, sembrano ancora attendere qualche gentiluomo imparruccato. Qui, durante i ricevimenti, i cavalieri trovavano riparo dalle chiacchiere e dai vezzi delle dame, sfidandosi tra uomini in interminabili dispute alle “palle d’avorio” – gioco così chiamato per via del prezioso materiale delle sue boccette. Nella stanza accanto, invece, scopro con grande interesse un altro locale, più piccolo, quello delle signore, amabilmente definito “la saletta della nobile conversazione” – passatempo preferito delle dame altolocate. In questo MINUTO spazio tutto ci ricorda il “gentil sesso” del Settecento come i dettagli decorativi delle porte ci parlano dei vezzi delle nobildonne dell’epoca: mazzolini di fiori, piccole tazzine da cioccolata, nastri rosa usate per abbellire i maestosi abiti. Pensate che chiacchiericcio, quanti “gossip”! Nel XVIII secolo era davvero di moda “conversare” – come oggi del resto – con la differenza che ciò che noi chiamiamo pettegolezzo, le dame aristocratiche lo definivano “nobile conversazione”.
Accompagnato dalla famiglia Perego, entro poi nella Chineserie, un locale assai grazioso ricco di porcellane e decorazioni orientali, come era di moda nei palazzi storici e, successivamente, in un ( piccolo) fumoir stretto e lungo, caratterizzato da uno stupendo lampadario e da due appliques a forma di uva verde. Attraverso i una serie di stanze, per poi ritornare alla “veranda” di partenza. A questo punto, sembra che il percorso sia terminato, ma c’è un altro piano da visitare, il vero piano nobile! La preziosa casa privata del signore di un tempo.
Per raggiungere il secondo piano passiamo dallo scalone d’onore, ricchissimo, arredato da enormi tele del Seicento e del Settecento lombardo: ad ogni scalino mi vengono incontro grandi scene di caccia, nature morte, dei dell’Olimpo e rappresentazioni di grandi battaglie. Ma è la loggia del piano nobile che coglie prepotentemente la mia attenzione. Questo spazio, che attualmente definiremmo anticamera, a metà tra lo scalone e l’appartamento del signore, nel Settecento era una grande loggia aperta, da cui far entrare tanta luce e poter così ammirare il grande giardino all’italiana di fronte alla villa. Oggi, le sue arcate sono state chiuse da infissi, ma le pareti ospitano ancora grandissimi ritratti seicenteschi, meravigliose cartine geografiche antiche e, al centro del locale, campeggia una vistosa teca con numerose statuine di un antico presepe napoletano.
Se non dovessi proseguire, perderei ore ad ammirare i dettagli di ogni singolo personaggio, gli abiti ricamati e le espressioni passionali… davvero un’opera d’arte! Ma il percorso è ancora lungo.
Entro ora in una luminosissima stanza, proprio simmetricamente posta sopra la sala della musica: il secondo locale più importante della casa: la storica biblioteca. Tutte le pareti sono occupate da grandi scaffali in legno carichi di libri antichi – saranno migliaia – mentre al centro troneggia una grande scrivania, completamente arredata. Fanno bella mostra : pennino, calamaio di un tempo, tagliacarte…non è difficile immaginare l’alto prelato di famiglia Perego chino sulle sue carte o intento a scrivere la sua preziosa corrispondenza.
Proseguo poi nelle camere da letto settecentesche e subito ricevo conferma che palazzo Perego è ancor più sontuoso di un museo. In primis, incontro una camera tutta rossa, chiamata “camera del cardinale”, perché nel Settecento la stanza ospitò il card. Pozzobonelli , lasciata ferma nel tempo così come vissuta dall’alto prelato. Le pareti sono arredate con numerose opere religiose, il letto è sovrastato da un baldacchino porpora damascato e, accanto al giaciglio, spicca un inginocchiatoio in noce.
Mi sposto successivamente in una camera gialla, in una verde, in un’alcova gigantesca. Tutte le stanze sono completamente arredate e sono rimaste intatte per tanti secoli. Sono davvero emozionato, tanta bellezza, tutta insieme, fa un certo effetto. Fa vibrare le emozioni. Vorrei rimanere ancora un po’, del resto mi piacerebbe godere di ogni particolare. Ovunque cada il mio sguardo c’è qualcosa da approfondire, ma ho ancora altri spazi da visitare: ora mi aspettano gli esterni, altrettanto interessanti.
Palazzo Perego è circondato da un grande parco, suddiviso in aree omogenee, probabilmente realizzate in epoche diverse. Appena fuori dalla villa, si sviluppa un incantevole giardino all’italiana, imitando il settecento, anche se ricostruito nel tardo Ottocento, con aiuole geometriche, fontane zampillanti e circa 8000 piantine di fiori colorati che decorano gli spazi verdi. Un po’ più defilato ed in basso, si estende un secondo giardino, decisamente più romantico, quasi un “parco all’inglese”, caratterizzato da cannocchiali prospettici, alberi esotici ad alto fusto e splendide statue in arenaria.
Su indicazione dei proprietari, entro in un casolare in sasso ai margini di questo secondo spazio verde, mi ritrovo nell’antica legnaia, poi, attraverso un “passaggio segreto”, eccomi nell’antica orangerie della villa. Oggi, questo spazio è simile ad un grande salone da ballo, usato per le feste e le cerimonie private. Nei secoli scorsi ospitava tutte le piante delicate del giardino che mal sopportano l’inverno brianteo: dai limoni agli aranci, dai “pomodori” ai fiori “esotici”.
Accanto a questo grande edificio, mi appare un’altra meraviglia, la cappella privata della famiglia, un gioiello della religione domestica del Settecento.
Anche questo luogo è rimasto intatto nel tempo, ha resistito alle riforme del Concilio Vaticano II, e, inaspettatamente, possiede due attrazioni che farebbero sobbalzare dallo stupore qualsiasi cultore di storia dell’arte: due affreschi di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, una Crocifissione ed una Maestà con santi.
Queste opere hanno fatto la storia del “Rinascimento Lombardo” e risalgono addirittura alla fine del Quattrocento. Ma come è possibile che si trovino in una cappella privata sconosciuta del piccolo paesino di Inverigo?
La storia sembra irreale, ma è veritiera. Si narra che la nonna degli attuali proprietari, mentre assisteva a Milano in via Borgonovo agli esercizi di equitazione dei nipoti, con l’ombrellino avesse scalfito inavvertitamente le pareti della cavallerizza e così scoperto, del tutto causalmente, gli affreschi del Bergognone (probabilmente realizzati per il preesistente chiostro del convento di Sant’Erasmo). La signora Perego decise di portarli nella dimora di villeggiatura di Inverigo e, da allora, si conservano nella cappella della villa…Questa fu una scelta davvero fortunata, perché la cavallerizza milanese venne bombardata durante il secondo conflitto mondiale!
A questo punto, giungo al termine del mio lungo, fantastico percorso. Sono “volate” più di due ore, ma del resto, non mi è stato possibile concludere prima: la bellezza è in grado letteralmente di rapire gli animi sensibili! Ho vissuto qualche ora nel Settecento, nel “secolo leggiadro” e con un po’ di nostalgia ritorno sulla mia strada quotidiana. Mi congedo dai signori Perego, ma anche dal Canonico Giovanni, dal chiacchiericcio delle dame, dalle stoccate dei cavalieri e dalle ripetitive melodie dei musici, ma è solo un arrivederci, perché dalla bellezza è davvero difficile stare lontano!
A presto cari lettori!
Giovanni Vanossi