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Il vino rappresenta l’emblema delle bevande, un po’ come il pane per i cibi, e questi due alimenti, insieme, costituiscono il simbolo dell’alimentazione occidentale. Questa accoppiata, onnipresente nella vita e nel sostentamento dell’uomo, è stata davvero ricorrente nel corso della storia, a tal punto da assumere anche importanti valori simbolici e religiosi.

Il vino, in particolare, sin dall’antichità era una bevanda preziosa, talmente tanto da essere parte del mito, proprio come “nettare degli Dei”, immancabile sulle tavole dell’Olimpo, e nella cristianità, arrivò persino a rappresentare il sangue di Cristo: non solo quindi “il nutrimento” fisico per eccellenza, ma anche “il più importante nutrimento” dell’anima. Il vino, del resto, così come il pane, è il prodotto del “lavoro” della natura (vigna-uva) e del “lavoro” dell’uomo (vinificazione), un connubio perfetto in grado di creare un alimento altrettanto perfetto.

Tutta questa importanza, nel corso della storia, ha reso il vino il prodotto per eccellenza dei banchetti; però, se da una parte rappresenta la bevanda immancabile e insostituibile della tavola, dall’altra costituisce una vera e propria insidia, che, se mal gestita, potrebbe persino diventare pericolosa! Per questo motivo, quasi tutti i trattati di comportamento e/o di buone maniere, di ogni epoca e provenienza, mettono in guardia sul consumo del vino e prescrivono modi e regole da rispettare. Il vino va consumato con parsimonia, perché l’ubriachezza dei commensali deve essere in tutti i modi evitata. L’ebbrezza è da rozzi “barbari”, i gentiluomini devono essere sempre sobri e completamente coscienti.

Questa invettiva contro l’ubriachezza ed il ricorrente invito alla sobrietà, risulta essere una costante nella storia! Sin dall’antica Grecia questa raccomandazione rappresentava la regola base di ogni simposio, ma siccome veniva spesso violata dalla popolazione, generando risse e problemi di ordine pubblico, più volte intervenne il legislatore. A Sparta Licurgo arrivò ad ordinare il divieto di ubriacarsi, dimostrando anche ai giovani gli effetti “incivili” dell’alcol: si dice che ai fini dimostrativi si organizzassero dei sobri banchetti, per poi introdurre uno schiavo ubriaco e mostrare le conseguenze ed il disordine. Ad Atene, invece, i saggi consigliavano di non superare le tre tazze di vino e molti banchetti venivano persino presidiati da guardie. Solone, ossessionato dall’ebbrezza, arrivò a stabilire che un arconte ubriaco avrebbe potuto essere condannato a morte! Inoltre, proprio per garantire il controllo dei banchetti, nel mondo antico si istituisce la figura del “simposiarca”, ovvero una sorta di responsabile del convivio e soprattutto della mescita del vino: dal momento che gli uomini, a differenza degli Dei, dovevano bere vino allungato con l’acqua. Questa figura, in base al quantitativo di acqua che utilizzava per la mescita, era di fatto responsabile della sobrietà o dell’ubriachezza dei commensali. Con il passare del tempo, il simposiarca ha assunto nuove denominazioni e differenti ruoli, nel Cinquecento e nel Seicento, ad esempio, nasce il coppiere e, quando nel ‘700/’800 i banchetti diventano più intimi e familiari, questo antico compito lo assume la padrona di casa, ovvero la responsabile della gestione dei suoi invitati a tavola. E ancor oggi, questo ruolo è importantissimo per la buona riuscita di un banchetto.

Il vino viene scelto in base alle pietanze e, generalmente, se si selezionano più vini, è importante rispettare una successione in base al gusto e alla corposità dello stesso: si inizia con vini leggeri e freschi per poi passare a vini più corposi e intensi. Ma la questione più delicata è proprio la gestione dello stesso. Negli incontri eleganti, si consiglia di non mettere la bottiglia direttamente in tavola, ma di riporla su un tavolo a fianco del banchetto, raggruppando i vini scelti per tipologia e ordine di servizio, proprio come se fosse qualcosa di importante da gestire con parsimonia e attenzione. Per gli incontri più informali ed amichevoli, invece, dove il personale di servizio non c’è o non è così numeroso, il vino può essere messo in tavola. E La padrona di casa, dopo aver selezionato il vino corretto in base alle pietanze, decide anche le quantità e, di conseguenza, la sobrietà o l’eventuale ebbrezza dei suoi invitati. La mescita oggi non è più necessaria, però vedete come il ruolo del simposiarca si riproponga, ovviamente in chiave moderna!

Da tutto questo, ne deriva un certo rispetto del vino e delle scelte della padrona di casa in ordine allo stesso. Pertanto, mi raccomando, se dovesse finire il vino in tavola, evitate categoricamente di richiederne altro, perché è davvero un gesto rozzo e irrispettoso. Passerete per invitati grezzi, desiderosi di ubriacarvi, in netta antitesi con il comportamento corretto di una signora o di un gentiluomo. E comunque, anche qualora vi servissero vino a volontà, cercate di contenervi e riconoscere i vostri limiti, siate sempre sobri: il controllo di se stessi e la parsimonia sono nobili virtù, alla base dell’eleganza e della raffinatezza….è una vera costante nella storia dell’uomo.

Giovanni Vanossi

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