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Le buone regole per rispettare il pane e il galateo della tavola

 

Il pane rappresenta nella nostra tradizione l’alimento quotidiano più importante, quasi l’emblema del cibo stesso. Non per nulla nel gergo popolare si utilizza il termine “pane quotidiano” per indicare il nutrimento in generale e, di conseguenza, la sopravvivenza stessa della nostra specie. Infatti, ci sono molte espressioni che danno grande valore al pane come alimento primario ed essenziale: “Guadagnati il pane” – o la michetta a livello locale – “mi hanno lasciato a pane e acqua”, per indicare una scarsa alimentazione, “mangerò solo pane e cipolle”, per indicare l’impossibilità di spendere soldi, “mi togli il pane da bocca” e molte altre. L’onnipresenza del pane, non solo ha definito le espressioni gergali, ma ha creato persino vocaboli nuovi: ad esempio il termine “companatico”, utilizzato per indicare tutte le altre pietanze, ovviamente da accompagnare all’onnipresente pane.

Questa importanza e centralità, con forti radici storiche, ha conferito al pane un valore non solo pratico-linguistico, ma anche simbolico, addirittura sacrale, arrivando persino a rappresentare il corpo di Cristo. Nel cristianesimo, infatti, il pane costituisce il “cibo perfetto”, frutto del “lavoro” della terra (il frumento) e di quello dell’uomo (l’impasto e la cottura). Un po’ come per il vino, dove l’uva della vigna (l’uva) e la maestria dei vignaioli creano “la bevanda perfetta”. E non per nulla il pane e il vino costituiscono l’Eucarestia, il perfetto nutrimento dell’anima.

Ovviamente, questa grande rilevanza del pane, sia sacra che profana, non poteva che condizionare la nostra vita sociale e, di conseguenza, le nostre buone maniere. Il tema del pane è un argomento ricorrente in gran parte dei galatei storici, e continua ad esserlo anche nei galatei moderni. Dalla lettura di questi, ben si comprende come nel corso della storia delle buone maniere ci sia sempre stata, e vi sia tuttora, la necessità di affermare l’importanza del pane e la sua sacralità, dando allo stesso il giusto peso, ma soprattutto il giusto posto in tavola. Vediamo come:

  1. La prima regola ricorrente, che rappresenta un po’ il filo conduttore principale, è quella di rispettare il pane, che si traduce in “non sprecarlo”, “non gettarlo a terra”, “non giocarci”, “non sbriciolarlo” e persino “non separare la crosta dalla mollica”;
  2. La seconda prescrizione, invece, prevede la necessità di riconoscergli un posto privilegiato in tavola: se lo si mette in un cestino, questo deve stare al centro della tavola, oserei dire “al centro dell’attenzione”, se invece lo si distribuisce a ciascun commensale, il pane deve essere appoggiato su un piattino d’argento in altro a sinistra rispetto ai piatti;
  3. Altra rispettosa regola, assolutamente inderogabile, prevede che il pane non si debba mai tagliare con un coltello, ma che sia necessario spezzarlo con le mani, portando alla bocca piccoli bocconi. Questa prescrizione sembra proprio finalizzata a preservare la sacralità del pane, impedendo che si applichi l’inaudita violenza di un coltellaccio. Inoltre, i bocconi di pane vanno sempre presi con le mani, perché non c’è nulla di più irrispettoso del prenderli con la forchetta, o peggio ancora, con il coltello.
  4. Inoltre, Il pane non va mai girato sottosopra, mostrando la parte più bruciacchiata del fondo, perché secondo una leggenda calabrese, a cui alcuni galatei si sono probabilmente ispirati, la parte superiore di un panetto rappresenta Gesù, mentre quella inferiore il diavolo: il fondo del pane, infatti, sta sui mattoni, a contatto con il caldo e si brucia, ricordando l’inferno; mentre la parte superiore si gonfia, va verso l’alto e diventa dorata, ricordando il paradiso.

Alla luce di tutte le prescrizioni sopraccitate, è innegabile che il pane sia sacro e che le regole di Bon Ton abbiano fatto di tutto in questi secoli per difenderne la sacralità. Nonostante ciò, il galateo ricorda che la continenza debba essere applicata anche al consumo di pane. In generale, a tavola non bisogna mai risultare ingordi e non occorrerebbe mai mangiare con grande appetito nemmeno il pane. Pertanto, non mangiate per forza tutto il panino che vi è stato assegnato, ma soprattutto non raccogliete mai le eventuali briciole dello stesso, perché questo gesto è un indizio di grande ingordigia. Lo diceva persino Aristotele, riferendosi alla comunità dei Pitagorici. Per Aristofane, invece, le briciole cadute a terra appartenevano agli eroi o ai “daimoni” e, per questo, non andavano raccolte…portano sfortuna.

Ma allora come è possibile conciliare il rispetto del pane con lo spreco delle briciole? Semplice: è necessario rispettarlo a tal punto da non sbriciolarlo!

Giovanni Vanossi

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