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Piccola storia di un termine snob, che nacque per un preciso motivo organizzativo, ma che poi rimase solo per vezzo degli elegantoni….

Quando per la prima volta, a circa 30 anni di età, sentii un proprietario di villa definire il pasto di mezzogiorno “colazione” anziché “pranzo”, mi caddero tutte le certezze linguistiche che avevo appreso dalle elementari fino a quel momento. Infatti, come penso è avvenuto per la stragrande maggioranza dei bambini, anche io sono stato educato a tre pasti giornalieri, la colazione del mattino, il pranzo di metà giornata e la cena della sera, con l’eventuale aggiunta dello spuntino mattutino e/o della merenda pomeridiana. E penso proprio che tale suddivisione non sia stata frutto di qualche bizzarria terminologica, ma che sia stata, e lo sia tuttora, ampiamente suffragata dalla lingua italiana codificata sin dai tempi di Dante. Pertanto, non vi nego, che sentirsi invitare per “colazione” mi ha creato un certo disorientamento e, ancor oggi, a distanza di tempo, faccio una grande fatica ad utilizzare questo termine in linea con quella antica tradizione aristocratica.

Approfondendo l’argomento, risulta chiaro che utilizzare il termine “colazione” intorno a mezzogiorno sia, di fatto, un utilizzo improprio, forse è una ricercatezza, ma, secondo alcuni, è solo una maniera un po’ snob di chiamare un pasto. E Se siete curiosi, proverò ad analizzare l’origine storica di questo uso e, attraverso la sua evoluzione moderna, capiremo se è il caso o meno di utilizzarlo ancor oggi!

Tutte le fonti concordano che in quasi tutte le epoche storiche, almeno dall’antichità classica fino alla metà circa del Settecento, il nutrimento del genere umano sia stato scandito da tre momenti giornalieri, a distanza quasi regolare tra loro: uno alla mattina dopo il risveglio, un altro verso le 12:00/13:00 a metà giornata, e un altro ancora alla sera verso le 18/19. E tra questi tre pasti, se ne eleggeva uno quale principale e, Generalmente, nella cultura europea, era il pranzo del mezzogiorno quello più importante.

A un certo punto in Inghilterra, verso la metà del Settecento, in linea con tutti gli stravolgimenti di stile di quell’epoca, i nobili raffinati si resero conto che pranzare alle 12:00 o alle 13:00 diventava davvero scomodo e, probabilmente, questa usanza andava in netto contrasto con le nuove mode del periodo, quali quelle di far festa fino al mattino e di andare a letto solo all’alba. Del resto, il Settecento europeo aveva finalmente esorcizzato la paura della notte e aveva lanciato l’abitudine di ritrovarsi nelle ville di campagna o nei palazzi cittadini fino al mattino, per mangiare, chiacchierare, ballare e far festa! E’ evidente che allungando così tanto le giornate, alla mattina spesso si rimaneva a letto e ci si alzava ad orari che, in passato, avrebbero definito improponibili. Così facendo, l’intera giornata dei signori veniva spostata in avanti, inizialmente di un paio d’ore e poi di molte: gli elegantoni inglesi iniziarono così ad abrogare la prima colazione, fare una “colazione” frugale al posto del vecchio pranzo, “pranzare” al posto della solita cena verso le 18/19, sempre però in maniera graduale. Per la cena, invece, iniziarono a chiamare con questo nome lo spuntino che si faceva verso la una o le due di notte, come pausa durante le feste notturne. In questo modo, la società inglese si spezzò in due: da una parte, il popolo che continuava a rispettare gli antichi orari dei pasti, dall’altra, i nobili o i ricchi borghesi che, per distinguersi, allungavano le giornate all’infinito e spostavano clamorosamente gli orari dei pasti e dei loro nomi.

Presto questa moda si diffuse anche in Francia e i raffinati parigini ne fecero un motivo di distinzione di classe, ma anche di differenze territoriali: nacque così una competizione tra città e campagna, dove i cittadini, per distinguersi, rispettavano le nuove mode, mentre i campagnoli continuavano a mangiare agli stessi orari di un tempo. In Francia, inoltre, all’inizio dell’Ottocento, si iniziarono ad apprezzare i nuovi orari di colazione e pranzo, anche per agevolare il lavoro. Infatti, con l’incremento delle attività imprenditoriali, spesso si aveva necessità di proseguire l’attività lavorativa anche nel pomeriggio, fino a sera, e pranzare alle 12/13 non avrebbe di certo aiutato, ma avrebbe solo conciliato il sonno. Come si è sempre fatto, “Dopo pranzo non si lavora!” e se si pranza alla sera, si può lavorare fino a tardi!

Nel giro di pochi anni, gli orari dei pasti cambiarono anche nell’austera Germania e nella tradizionale Italia. Anche il sig. Alessandro Manzoni nel 1826 inviterà per pranzo nel tardo pomeriggio, del resto tra le classi agiate non si pranza più alle 13, al massimo si fa solo “colazione”. Queste mode continuarono imperterrite per tutto il XIX secolo e riuscirono a contaminare anche qualche anno del Novecento, successivamente, con il sopravvento del lavoro diurno, dell’austerità delle classi dirigenti e la limitazione delle feste notturne, non si avrà più bisogno di coricarsi all’alba e di alzarsi a mezzogiorno, anzi, anche i nobili si alzeranno dal letto relativamente presto. Pertanto, ecco magicamente ritornare la società “bene” alla classica tripartizione giornaliera degli orari dei pasti, almeno da un punto di vista istituzionale e formale. Nonostante tutto però, a prescindere dalle effettive esigenze sociali, gli elegantoni conservano ancora i termini della parentesi ottocentesca, a questo punto però solo per differenziarsi e per essere un po’ snob.

In conclusione, quando ai nostri giorni sentiamo parlare di “colazione” alle ore 13 o alle ore 14, o di pranzo dopo le 19, non preoccupatevi, non è stato sovvertito il mondo, semplicemente ci si diverte ancora ad utilizzare dei termini impropri, forse anche sorpassati, ma sicuramente più chic, aristocratici e degni di attenzione…in ricordo dei bei tempi che furono.

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